Sotto l’etichetta del
merchandising si fa generalmente riferimento a due fenomeni diversi:
A) una società che ha conseguito una certa notorietà di un suo marchio per alcuni prodotti decide di sfruttare il valore inglobato nella celebrità del marchio, concedendolo in licenza a terzi per prodotti del tutto diversi dai propri core products. Si parla, in questo caso, di
“corporate merchandising”.
In tal caso si gioca sul mutamento che è intervenuto nella funzione del marchio stesso, che è passato da una funzione distintiva (cioè di garanzia della provenienza di prodotti del medesimo genere dal medesimo imprenditore) a funzione evocativa, di richiamo della clientela (in quanto segno che contraddistingue il prestigio dato ad un imprenditore o ai suoi prodotti).
B) un soggetto famoso in un determinato settore (sport, spettacolo, ecc.), e quindi un personaggio reale, oppure l’autore (disegnatore, scrittore, regista, ecc.) di un personaggio di fantasia (Topolino,
James Bond, ecc.), concede il suo nome o la sua immagine, rispettivamente il nome o l’immagine del personaggio da lui creato, perché vengano apposti da terzi su prodotti destinati alla vendita. In questo caso si parla di
“character merchandising”.
Vi è poi una terza, assai eterogenea, categoria di merchandising, collegata ad istituzioni (squadre sportive, università, ecc.) oppure a eventi - il cosiddetto
“event merchandising”, come ad esempio gli
Europei di calcio, il concerto di una rock star, o addirittura una visita del Papa. Trattasi di configurazioni che si è soliti ricondurre alla categoria del character merchandising.
Il merchandising è senso di appartenenza, riconoscimento in un marchio o in un personaggio. Se ne condividono i valori, si ammira e ci si identifica fino a volerlo fare proprio. Il merchandising concede a tutti di poter vivere nei propri sogni, indossarli, poterli mostrare in pubblico.